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In attesa che esca un protocollo ufficiale e davvero praticabile dal punto di vista della “sicurezza sanitaria” per bar e locali, in alcune regioni d’Italia si vocifera di un BOLLINO che servirebbe a certificare le aziende che seguono gli standard più elevati in termini di norme igieniche, sanificazione e procedure per proteggere i propri clienti dall’eventuale contagio da Covid-19.

Indipendentemente dal fatto che questo bollino venga reso accessibile nella tua regione, a cosa serve davvero e come lo dovresti sfruttare a tuo vantaggio?

Partendo dal presupposto che gli standard imposti dal bollino siano sensati e che ti permettano di tutelare realmente le condizioni di salute del pubblico che frequenta il tuo locale mentre lavori, a partire dai dipendenti fino ad arrivare agli ospiti, cosa ci fai con una certificazione sulla sicurezza se vendi cocktail o cappuccini?

Provo a spiegartelo attraverso una storia. La mia storia, ad essere precisi.

Era il Maggio del 2020 e in meno di 2 mesi sarei diventato padre per la prima volta. Non è difficile immaginare l’ansia di affrontare una gravidanza, un parto e un post parto nell’era del Coronavirus appena entrato nelle nostre vite: ogni persona senza mascherina era una potenziale minaccia, così come ogni ambiente pubblico e ogni oggetto che toccavo, fuori e soprattutto dentro gli ospedali dove non a caso si concentravano la maggior parte dei contagi.

Io e mia moglie non avevamo una particolare paura di ammalarci o restarci secchi, ma è abbastanza logico che nessuno dei due volesse correre alcun rischio per la nostra creaturina, fermo restando il rispetto per qualsiasi altra persona che avremmo potuto “infettare” al di fuori del nucleo familiare, per quanto se ne sapeva di come funzionava realmente il contagio.

In oltre 2 mesi di lockdown nel paese in cui vivevamo da poco tempo, eravamo entrati in un locale pubblico solo 3 volte: due da Starbuck’s – che non aveva mai chiuso come puoi vedere in questo articolo – ed una in un ristorante di amici con una bella area all’aperto. Stop.

Entrando in questi posti io SAPEVO che gli ambienti venivano sanificati in una certa maniera e SAPEVO che, pur dovendo prestare comunque certe precauzioni, potevo sentirmi relativamente sereno. Mi fidavo perché conoscevo da un lato il brand (Starbuck’s) che vive di standard molto rigidi, e dall’altro i gestori di quel ristorante che erano anche più paranoici del sottoscritto avendo loro stessi una bimba di 1 anno e mezzo, all’epoca.

C’erano tanti altri posti di cui invece NON MI FIDAVO e che mi spingevano a restare a casa mia. Non si trattava più di cosa avrei o non avrei mangiato, ma solo ed esclusivamente di fiducia.

La fiducia è il motore principale del marketing perché anche se mi regali da bere e da mangiare, se non mi fido di come gestisci il tuo locale io da te non ci vengo. Me ne sbatto altamente del tuo All you Can Drink gratuito o dell’Apericena a 8€ se ho paura di beccarmi un virus sul tuo tavolo sudicio, o se a servirmi c’è un bartender senza mascherina abbracciato al collega – almeno in quel periodo storico in cui le conoscenze sul virus erano molto limitate -, o ancora se vedo che le distanze non vengono rispettate né tra i tavoli, né tra le persone all’interno del locale – idem come sopra. In quel contesto avrei preferito pagare il doppio del normale per godermi una serata fuori dalla prigionia di casa da un’altra parte, o come dicevo prima, avrei ordinato un delivery e chiuso il discorso – e anche lì, se il corriere non era bello bardato con guantini e mascherina, non avrei avuto problemi a rimandarlo indietro. E’ come trovare una mosca nella salsa guacamole, anzi, molto peggio perché si parlava della salute propria e di chi mi stava accanto.

E ti dirò di più: il problema non era nemmeno il guanto, il tipo di mascherina, o il centimetro in più di distanza tra due tavoli, ma l’attenzione che veniva posta nei dettagli.

Un locale pulito, che tanto per dirne una ha un bagno curato e risistemato ogni ora, avrà sempre la mia preferenza rispetto ad un altro bar in cui paradossalmente si beve molto meglio, ma che al posto della toilette ha un lurido “cesso” – nel senso lato del termine.

In un luogo in cui tutto è organizzato alla perfezione, le persone hanno la sensazione che ogni cosa sia gestita in maniera eccellente, dagli arredi fino alla conservazione e il trattamento delle materie prime, e queste cose vincono contro il drink più buono del mondo servito dentro un cocktail bar che trasmette pressapochismo.

NON E’ UNA QUESTIONE DI GUSTI, E’ UNA QUESTIONE DI TARGET (E FIDUCIA).

Se punti ad avere clienti che pur di risparmiare 50 centesimi vanno a fare la spesa al Triscount dall’altra parte della città (consumando il doppio della benzina e quindi rimettendoci molti più soldi), allora puoi servire cocktail a 5€ e tenere il tuo bar in condizioni “non eccelse”, con personale ridotto senza competenze e mal pagato, prodotti di seconda marca, pulizie scarse, attrezzature obsolete, arredi ai limiti dell’integrità…

Ma se punti a clienti alto-spendenti la “musica” deve essere tutta un’altra cosa.

Se vuoi la fiducia di persone che sono disposte a pagare di più per avere il meglio, devi fare il massimo anticipando ogni loro possibile “MA”.

Il marketing è una guerra che si vince nella testa delle persone, non sul listino del tuo menu.

Devi capire quali sono i problemi che spingono il tuo cliente target ad andare in un altro bar, piuttosto che a preferire un gelato da asporto o il divano di casa loro al tuo locale. Anche una partita a monopoli online è un tuo concorrente (indiretto) se trattiene un potenziale cliente dal consumare i tuoi drink, indipendentemente che questo avvenga sul posto o in delivery.

Quindi, se non l’avessi ancora capito, tu sei in battaglia con tutto e tutti.

E ai tempi del COVID-19, dove oltre a tutti questi concorrenti visibili si è aggiunta anche la paura di beccarsi un virus invisibile che potrebbe nuocere a figli, “congiunti” e amici, tu non ti puoi permettere di fare le stesse cose di una volta.

TU DEVI COMUNICARE CON I TUOI CLIENTI E DEVI RASSERENARLI SUL FATTO CHE, ORDINANDO DA TE, LORO SARANNO AL SICURO.

Il bollino di sicurezza Covid Free altro non è che uno strumento di marketing: una “certificazione” degli standard che tu e i tuoi collaboratori seguite per garantire la salute dentro il vostro locale.

La certificazione in sé non significa che il tuo cocktail bar sia necessariamente meglio di quello di Gino che non è certificato, ma quel “bollino”, quel marchio ufficiale, ai tuoi clienti gli suggerirà implicitamente di sì.

Immagino che tu sia stato almeno una volta nella vita da un medico, giusto?

Quando vai nel suo studio, sulla parete trovi laurea, specializzazioni e titoli di vario tipo che “certificano” la sua autorità. E poi c’è LUI. Il camice.

Il solo fatto di avere un camice addosso fa di un medico un vero medico, perché per guadagnarselo ha dovuto sgobbare sui libri per anni e quel pezzo di stoffa fa tutta la differenza del mondo tra lui e una persona normale che non sa cosa devi fare per restare in salute. Quando l’uomo dentro il camice ti dice che hai una certa malattia e ti prescrive una cura, tu non rispondi

Ma, veramente secondo me sarebbe meglio…

No! Tu stai muto e fai quello che ti dice l’uomo dentro il camice.

Quella cosa si chiama autorità. Quella cosa si chiama fiducia. Quella cosa è una conseguenza delle certificazioni rilasciate da enti autorevoli di cui le persone si fidano, come la laurea conseguita all’Università.

Nel tuo campo, quindi, tu DEVI cercare dei bollini che ti permettano di certificare le procedure igienico-sanitarie all’interno del tuo locale, e questo vale sia che tu stia per riaprire al pubblico, sia che faccia solo delivery.

E SE IL BOLLINO NELLA MIA REGIONE NON C’E’?

In questo caso hai 2 opzioni:

  1. Cerchi uno studio che si occupa di sicurezza sul lavoro e/o Haccp che in qualche modo certifichi le procedure che segui, possibilmente dando un nome a questo metodo che lo renda riconoscibile;
  2. Fai vedere ai tuoi clienti e potenziali clienti tutto quello che fai per garantire la loro salute.

Questo punto, in realtà, lo dovresti sviluppare indipendentemente dal bollino di sicurezza. Quello di cui sto parlando è un foto e/o video reportage in cui mostri:

  • le divise dello staff mentre lavora e magari confeziona i pacchi per il delivery, con tutte le mascherine, cuffiette e guantini del caso;
  • la suddivisione delle aree all’interno del tuo locale, con le vie di ingresso e uscita, così come i tavoli distanziati con gli eventuali pannelli divisori tra un tavolo e l’altro;
  • le procedure di sanificazione degli ambienti, con il numero di volte in cui vengono fatte ogni giorno, con quali prodotti e strumenti.

Eccetera, eccetera, eccetera.

Se c’è un bollino ufficiale riconosciuto dal Governo o altri Enti che hanno una certa autorità, va stra-bene, ma se ci metti il carico da 90 e fai vedere di cosa stai parlando, fidati che funzionerà ancora meglio.

Sul tuo sito, su Instagram o Youtube (se sono abbastanza seguiti dai tuoi clienti) puoi pubblicare queste foto/video e permettere alle persone di dire “Però, se l’hanno presa così seriamente tutto sommato non rischio di beccarmi nulla prendendomi un drink da loro.”

Non devi dare per scontato che la gente venga da te perché è finita la quarantena. Al contrario, devi convincere tutti i tuoi clienti a tornare a spendere da te proprio perché c’è ancora in giro un virus che manda le persone in ospedale (se non peggio), facendogli capire che saranno molto più sicuri nel tuo locale – o comprando i tuoi prodotti in delivery – che nella terapia intensiva dello Spallanzani.

E’ un’esagerazione, lo so benissimo, ma voglio che l’idea che c’è dietro ti sia chiara!

A proposito di ospedali… chi dice che devi ospedalizzare il tuo locale per renderlo “Covid-Free”?

Oltre ai divisori in plexiglass, che effettivamente potrebbero essere la soluzione migliore per alcune zone come quella della cassa, ci sono altre soluzioni per distanziare i tavoli in sala molto più gradevoli esteticamente, proprio come queste.

Se devi ridurre lo spazio all’interno del tuo locale, nulla vieta che tu lo abbellisca per rendere l’esperienza più gradevole nel complesso. Alzare il livello degli arredi, così come del servizio, non potrebbe giustificare un aumento dei prezzi del 20%, o magari anche del 30%?

E quanti soldini in più faresti in questa maniera a fine anno, anche se con meno clienti (e quindi anche meno spese di materie prime e personale)?

Quello che devi andare a vedere non è il fatturato, ma il margine di guadagno, come ti hanno già spiegato i miei colleghi Generali nei loro articoli su BAR WARS, e alzare i prezzi è un modo eccellente di aumentare questo numero!

E’ chiaro che se lasci tutto come prima e chiedi più soldi per le stesse cose che facevi nell’era pre-virus, la gente potrebbe incazzarsi – e non gli darei torto -, ma se approfitti di questa situazione per rivedere dalle fondamenta il tuo locale, nulla ti vieta di riorganizzarti e di puntare a nuove soluzioni.

Se imparerai a conoscermi, mi “sentirai dire” spesso questa cosa: MENO E’ PIU’. In questo caso potrebbe essere: meno clienti (e non è detto che debba essere per forza così), ma con più guadagni.

Tempo fa mi è capitato di vedere un Meme che effettivamente mi ha fatto ridere, per quanto di fondo fosse piuttosto tragico. L’ho cercato davvero ovunque, ma senza successo, per cui te lo racconto.

C’erano degli uomini bardati con mascherine, guanti e cuffietta in quella che aveva tutta l’aria di essere una sala d’ospedale e una signora che chiedeva “Scusatemi, è questa la terapia intesiva?”

Risposta laconica: “No signora, questo è un bar.”

La cosa più simile che ho trovato su internet è questa immagine qui sotto.

Prima che inizi a pensare cose strane, questa foto è una provocazione da parte di un titolare di un bar e il concetto è proprio quello che ti voglio far arrivare.

Così come un’immagine del genere dà fastidio a te che hai o lavori in un locale, anche al cliente medio non provocherà reazioni particolarmente piacevoli.

Finché i dipendenti impegnati nel delivery a porte chiuse sono imbacuccati ai limiti dell’inverosimile, personalmente lo approvo, ma se devi aprire al pubblico entrano in gioco altri fattori di cui non puoi non tenere conto.

La tua missione è di rendere l’ambiente del tuo locale “sicuro” e allo stesso tempo accogliente, proprio come ti ho fatto vedere con l’esempio dei divisori.

Se le pareti non devono essere per forza degli orribili pezzi di plexiglass, magari non c’è neanche bisogno di conciare il tuo staff come dei medici del pronto soccorso, lasciando loro la possibilità di respirare liberamente (che non guasta di certo) pur rispettando le regole attraverso degli apparati di questo tipo.

Posso immaginare che guardare un bartender o un cameriere che ti sorride sia più piacevole dell’avere davanti una specie di ninja, e per quanto sarà comunque strano andare in giro e trovare la gente conciata così nei locali, converrai con me che una soluzione di questo tipo è sempre meglio delle tute anti-contaminazione batteriologica.

Magari nel decreto e nelle linee guida per la riapertura di bar e ristoranti vieteranno questi apparati, ma se la legge te lo permette e ritieni che siano idonei a fare il loro dovere, perché non utilizzarli?

Un vero imprenditore si concentra sulla soluzione di un problema, dopodiché la mette in atto senza perdere di vista i numeri necessari per realizzarla. Solo a quel punto, inizia a comunicare ai propri clienti in target che è in grado di risolvergli una rogna, possibilmente meglio della concorrenza, e se tutto ha funzionato nel verso giusto… Raccoglie i frutti.

Stavolta un bel pezzo del tuo lavoro l’ho fatto io, per cui adesso non ti resta che la parte più semplice: mettere in pratica gli spunti di cui ti ho parlato senza girarci troppo intorno. Mai come oggi la tempestività è un fattore differenziante e arrivare prima degli altri potrebbe segnare il confine tra il successo e il fallimento.

Buon lavoro, soldato.

Capitano Fenix

BAR WARS

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